martedì 5 maggio 2020

Agosto 2005: Finalmente Sarajevo (e non solo)


Nell'estate del 2005 la via più veloce era ancora la nave per cui decisi di organizzare una sorta di viaggio circolare che prevedeva la partenza da Ancona in nave verso Spalato e da lì in bus verso Sarajevo per poi visitare Mostar e successivamente prendere un altro bus per raggiungere Dubrovnik da cui avrei preso dove una nave per Bari.

Così a ridosso del Ferragosto, il 12 agosto per la precisione,  mi imbarcai da Ancona verso Spalato arrivando nella città nel tardo pomeriggio.








Non era agevole trovare un posto per dormire, la maggior parte degli alberghi in città erano pieni, avevo però prenotato una stanza in un piccolo albergo che si trovava che si trovava fuori Spalato nella  località chiamata Kastel Stari.

Arrivai all'albergo che pioveva, ricordo di aver mangiato qualcosa  in una pizzeria vicino all'albergo e di essere tornato in albergo con una certa mestizia pensando di passare una piovosa serata croata in attesa che iniziasse l'avventura. 

Ed invece alcune volte basta poco per stare bene, perchè una serata possa diventare indimenticabile, poche cose e l'animo predisposto. Ricordo che alcune ragazze probabilmente del nord Europa si inventarono una sorta di danza della pioggia e con quel poco che avevano a disposizione organizzarono un piccolo spettacolo di pochi minuti ma che comunque ci rubò qualche sorriso.



Il mattino seguente dopo aver visitato velocemente Spalato presi il bus in direzione Sarajevo.



Ricordo come mi sentissi emozionato nel visitare per la prima volta questa città martire e di come e di come cercavo nelle mura dei palazzi le tracce di quella maledetta guerra.








Ricordo che feci una lunga passeggiata notturna mi godetti il silenzio, il suono dei miei passi sul selciato , l'acqua che scorreva nelle Fontane e la luce che disegnava la città.
Il giorno successivo iniziai a visitare Sarajevo.







Proprio mentre mi trovavo su una delle colline e precisamente sulla fortezza ebbi  la fortuna di incontrare una persona che ero riuscito a contattare soltanto via mail e che disperavo incontrare di persona.


Mentre osservavo Sarajevo dall'alto e mi stavo godendo il panorama venni attratto dal parlottio di un gruppo di ragazzi.

Cercando di comprendere di  che origine fossero rimasi stupito nello scoprire che si trattava di un gruppo di scout italiani.

Con loro c'era un uomo, un signore anziano, che stava spiegando in perfetto italiano la storia di Sarajevo.

Il mio stupore divenne ancora maggiore quando scoprii nel presentarsi ai ragazzi che questo signore era  proprio Bruno Palestra quell'italiano di Sarajevo che avevo contattato via mail.

Così ci presentammo e parlammo un po' e lui mi raccontò la sua storia, parte della storia spesso dimenticata di quelli italiani che dal Trentino a fine Ottocento, inizio del novecento, in quanto cittadini austro-ungarici  si spostarono Bosnia a vivere e lavorare.


Dopo questo fortunato e imprevisto incontro ricominciai  la visita della città spostandomi verso la periferia nei pressi della località di Ilidza  località termale dove nasce il fiume Bosna. Ma non era questo il mio obiettivo infatti, visitai  le Sorgenti solo successivamente nel corso di un successivo viaggio.


L'obiettivo del mio viaggio era visitare la casa da dove partiva il tunnel che durante la guerra attraversava il sottosuolo dell'aeroporto di Butmir e permetteva alla gente ma soprattutto  ai viveri di raggiungere la città assediata.

Anche di questa visita ho un ricordo indelebile. Nel 2005 non esisteva ancora neanche il piccolo museo che successivamente verrà creato nella casa ancora oggi di proprietà della stessa famiglia che consentì a proprio rischio la costruzione di questo tunnel.






Riuscii a procurarmi, però, una  videocassetta amatoriale con un lungo filmato riguardante il tunnel  e l'assedio di Sarajevo che ancora adesso conservo anche convertita in file digitali.


Il giorno successivo il giorno successivo decisi di andare a visitare una delle altre città martiri della Bosnia-Erzegovina e cioè la città di Mostar.


Della città di Mostar  ricordo naturalmente di aver visitato per prima cosa il ponte che è il passaggio obbligato e doveroso


Di aver assistito alla classica esibizione di tuffi.



 e di aver poi visitato il caravanserraglio e il Museo della Guerra dove acquistai un DVD che ricostruiva la drammatica storia della distruzione del ponte.


Anche a Mostar come a Sarajevo le mura e le stesse pietre sono memoria di quanto accaduto:






Il mattino successivo il bus da Sarajevo mi portò a Dubrovnik verso ora di pranzo e così ne approfittai  per visitare la città trovai ricostruita com'era un tempo.


La sera andai ad un concerto in un centro sociale e il giorno dopo era già tempo del ritorno era già tempo del ritorno in nave verso Bari.


Questo viaggio, seppur davvero breve, conteneva però già gran parte degli interessi che avrei sviluppato nei viaggi a venire ma in quel momento onestamente, pensavo che quel viaggio sarebbe rimasto unico all'interno del mio percorso di vita, e per questo può essere considerato il "viaggio di fondazione". Fu invece, in questo ringrazio il Dio dei viaggiatori,  solo una prima tappa nel cammino ancora non terminato verso la comprensione della meravigliosa diversità della  ex Jugoslavia.




lunedì 10 giugno 2019

L'ultimo dei vecchi muri

Tutto iniziò  con il primo viaggio in treno notturno verso Gorizia, un viaggio rinviato un paio di volte per motivi tecnici, la prima volta per un guasto del treno, la seconda per problemi personali.
Ma era destino che prima o poi Gorizia e Nova Gorica fossero finalmente nella mia agenda di viaggiatore.
E così ad aprile del 2004 iniziavo questo percorso di avvicinamento al cuore dei Balcani, iniziando dall'ultimo muro ancora esistente all'epoca in Europa, la recinzione che separava Gorizia da Nova Gorica.
Questa è una delle poche foto scattate a metà aprile del 2004, possedevo allora solo una macchina analogica, la prima macchina digitale ce l'avrebbero regalata solo a ottobre 2005 per il matrimonio. Se il muro di Gorizia fosse "caduto" nei nostri giorni avrei sicuramente a disposizione centinaia di foto tra cui scegliere. Ma forse è meglio così, conservare memorie del periodo analogico della nostra vita conserva un fascino particolare.


Ero già stato a Gorizia quando ero adolescente. Mio padre era a Monfalcone per motivi di lavoro e noi lo raggiungemmo per un lungo periodo.
Un giorno i miei ci portarono a visitare Gorizia.
I ricordi sono sfocati ma grazie a mia madre che mi ha revocato l'episodio posso ricostruire quanto accaduto in una visita ad una delle chiese di Gorizia.
Da quel che ho potuto ricostruire probabilmente stavamo guardando e commentando qualche lapide o cippo che ricordava quanto accaduto durante la seconda guerra mondiale al confine est italiano.
Una signora ricordo che si avvicinò a noi e quasi con rabbia ci disse più o meno queste parole: "Ma cosa volete capire voi della guerra ... noi che abbiamo vissuto qui sappiamo cosa significa ... mentre l'Italia era stata liberata da noi la guerra è durata per decine di anni ...".
Il tono aspro delle parole pronunciate da questa signora mi colpì allora e adesso che negli ultimi anni ho iniziato il mio percorso di conoscenza dei fatti terribili accaduti al confine tra Italia e Jugoslavia, quelle poche parole assumono sempre più significato.

Ma torniamo a Gorizia e al muro.
In quel primo breve viaggio visitai per la prima volta Nova Gorica e rimasi in qualche modo affascinato dalla new town che seguiva quelli che erano i dettami principe dell'architettura razionalista sovietica, e fu il punto di inizio di una fascinazione per il "brutto ma razionale" che ancora mi guida nelle mie ricerche e nei miei viaggi.

Ecco qualche foto di Nova Gorica dall'alto:
 Per attraversare il confine passai per questo valico pedonale:

In quegli ultimi giorni prima dell'abbattimento della barriera i controlli erano già più blandi anche perchè di li a pochi giorni la Slovenia sarebbe entrata nella U.E. La Piazza della Stazione Transalpina rimasta in territorio sloveno era il luogo in cui era maggiormente visibile la barriera, ed era il luogo in cui sempre simbolicamente si fronteggiavano due differenti modelli politici, economici e sociali.
Con una cerimonia simbolica il "muro" venne abbattuto e venne creata sulla Piazza della Transalpina una zona di libera circolazione che rimase unica nel suo genere fino al 2007, quando la Slovenia entrò nell'aria Schengen. Nella foto un particolare della piazza nel gennaio 2005 quando tornai per la seconda volta a Gorizia:

Il viaggio del 2005 fu importante perchè mi consentì di fare un ulteriore passo verso il cuore dei Balcani, visitare per la prima volta la bella capitale slovena, Lubiana, che per anni rappresenterà il centro e il punto di partenza dei miei viaggi.
In queste due foto, due simboli di come si può ripensare il passato, o caricare di nuovi simboli positivi luoghi che invece rivestivano un altro ruolo all'interno della totpografia della città: la Metelkova Mesto e l'Hostel Celica.

La Metelkova Mesto (La città di Metelkova) era un ex caserma nel tempo divenuta uno dei luoghi più importanti della contro cultura nei Balcani. La storia del centro culturale inzia nel 1993 quando l'asociazione Rete per Metelkova, formata da artisti ed intelletuali non mainstream, occupa il posto per proteggerlo dalla demolizione. Gli edifici delle ex caserme austroungariche ora ospitano club di musica dal vivo e atelier in cui gli artisti possono esprirmere le proprie idee.

A poche metri dalla Metelkova Mesto, un altro simbolo della nuova Lubiana. l'Hostel Celica:

L'Ostello ospitato in quello che era uno dei carceri militari della città (da cui Celica - Cella), è un esempio di riuso del costruito. Ha mantenuto la sua struttura originaria anche nelle stanze che riprendono la struttura delle celle del carcere. All'interno è stato anche conservato un ambiente che riprende la struttura origianaria delle celle. Il "ripensamento del luogo" è opera dell'architetto Janco Rozic ex soldato dell'esercito e uno dei primi a ripensare il costruitoin termini di sostenibiità ambientale.
Ma su questo e tanto altro ritornerò nel prossimo post dedicato proprio alla più "europea" della capitali Balcaniche.
Sretan put.

lunedì 13 maggio 2019

Dove un tempo era la Jugoslavia

Qualche tempo fa, il Professor Alberto Sobrero nel suo corso di Antropologia della Città, ci parlò di un libro, After London, scritto da Richard Jefferies e tradotto in Italia con il titolo "Dove un tempo era Londra", un romanzo in cui si narra la vita dei nuovi londinesi dopo una misteriosa catastrofe, e in cui l'autore illustra come la natura si sia ripresa la città fino quasi a farla scomparire.



Quando dopo qualche anno trovai l'edizione del 1983 della Serra e Riva in un mercatino dell'usato, lo lessi tutto d'un fiato. La storia di Londra dopo il "cambiamento" (come viene chiamato nel racconto la catastrofe che ha portato alla scomparsa di Londra), mi portò a riflettere su un altro dei grandi "cambiamenti" che ha chiuso in modo drammatico il novecento, il "cambiamento" traumatico che abbiamo chiamato Guerra Civile nei Balcani.
Cos'era avvenuto in effetti in quegli anni drammatici?
Un mondo intero era collassato, e ne era uscito un mondo nuovo che aveva subito trasformazioni radicali, e in molti casi  la natura si era ripresa quel che l'uomo aveva costruito.
Nei miei viaggi ho attraversato molte "wasteland", terre desolate come, ad esempio, quelle croate al confine con la Bosnia, e mentre le attraversavo, non riuscivo a non pensare a questo libro e al suo titolo italiano.
E allora ecco che uno dei primi titoli di un futuro libro sui Balcani era stato proprio questo: "Dove un tempo era la Jugoslavia".
Girando ancora per mercatini qualche tempo dopo mi imbattei in una guida della Jugoslavia del Touring Club datata 1971, il mio anno di nascita.

Aprii la guida come si apre un vecchio albo di fumetti della Editrice Corno, e con curiosità iniziai a leggere le descrizioni che la guida dava delle città della Jugoslavia, saggiando la carta patinata della guida.
Era un vero e proprio viaggio nel passato, Skopje ad esempio, distrutta quasi completamente da un devastante terremoto nel 1963, risultava appena in costruzione, ora, invece, la città viene considerata un sorta di Parco a tema per gli architetti mondiali, ma ne parleremo.
Il romanzo di Jefferies e la guida del Touring mi invitavano ad iniziare un viaggio che prevedeva, come in alcune storie di fantascienza o nei film degli Avengers, continui salti temporali nei paesi e nei luoghi dove un tempo era la Jugoslavia.
Un terzo libro mi spinse sempre di più verso questo tipo di viaggio, il libro di Tamara Djermanovic "Viaje al my pais ya inexistente. Regresso alla antigua Jugoslavia".

Acquistato negli anni di saltuaria migrazione a Maiorca, il libro racconta il viaggio di ritorno della Djermanovic, da tempo residente in Spagna dove è professoressa universitaria di letteratura, proprio in quello che lei definisce "il mio paese non più esistente".
Il viaggio della Djermanovic inizia nel paese che anche per ragioni geografiche è più vicino all'Italia, quella Slovenia così vicina eppure così lontana, uno scrigno di piccoli grandi tesori da scoprire che noi italiani spesso sottovalutiamo.
Anche il mio viaggio nel tempo e nello spazio nei luoghi dove un tempo era la Jugoslavia inizia dalla Slovenia, e soprattutto da uno degli ultimi "vecchi muri" esistenti.
Era il 2004 e in treno iniziavo il mio primo viaggio in direzione dei Balcani, primo step Gorizia e la diripettaia slovena Nova Gorica.
A tra poco.

giovedì 11 aprile 2019

Jugosfera: Una definizione ?

Che cos'è dunque questa Jugosfera?
Esiste una definizione condivisa a livello geografico, culturale, politico?
Il termine fu coniato da Tim Judah, giornalista dell'Economist, ecco la definizione dalle sue stesse parole:
"Dietro il termine Jugosfera non si nasconde nessuna idea complessa. Semplicemente, mi serviva una parola con cui poter descrivere le relazioni tra i popoli e tra i paesi dell’ex Jugoslavia. Il termine è stato creato per descrivere ciò che la gente ha in comune, quello che le persone, e i loro paesi, hanno in passato usato assieme e, assieme, hanno fatto. Parte di questo è una cultura condivisa, per lo più è una lingua comune, in buona parte si tratta di affari e gran parte sono poi cose noiose... Ecco qualche esempio che io definirei “jugosferico”: l’annuncio che si sta costituendo una nuova compagnia ferroviaria comune tra serbi, croati e sloveni ...; il dibattito sul ricostituire una squadra di calcio jugoslava, sotto un altro nome, naturalmente ... Qualche settimana dopo ho parlato con i rappresentanti di vertice di vari settori economici di Serbia, Croazia, Montenegro e Bosnia riunitisi per un meeting a Belgrado. La Jugosfera, o comunque la vogliate chiamare, è qualcosa di assolutamente naturale, hanno dichiarato .."
Per chi voglia leggere la riflessione di Tim Judah sull'argomento consiglio questo link:

Ma è davvero così? Esiste davvero la Jugosfera? O è solo una costruzione frutto della sempre affascinante Jugonostalgia?
A mio parere esiste sicuramente sotto il profilo geografico e ha estensioni ben oltre il territorio della ex Jugoslavia. Ed esiste anche sotto il profilo culturale, e anche in questo caso ricomprende in se territori che geograficamente sarebbero esterni alla Jugoslavia.
D'altronde l'altra grande domanda sarebbe?
Dove nascono davvero i Balcani?
Anche a questa domanda cercheremo di dare una risposta, ma con calma.
Nel prossimo post iniziamo un viaggio graduale che ci porterà nel cuore della Jugosfera.
Ma prima dobbiamo parlare di un libro, "After London" di Richard Jefferies.
Vi starete chiedendo cosa c'entri questo libro?
Come direbbe un noto divulgatore scientifico in Tv: " Se avrete la pazienza di seguirmi ..." e in questo caso di aspettarmi per qualche giorno, lo saprete.
A presto jugoviaggiatori.

Benvenuti/Dobrodošli

Carissimi amici Balcanofili,
dopo la bella e lunga esperienza del blog "Tra i balcani e l'atlantico" (trabalcanieatlantico.blogspot.com), che comunque resta in vita ponendosi però come un recipiente più ampio, inizia una nuova avventura, la creazione di un nuovo blog che avrà a tema esclusivamente temi, riflessioni, diari di viaggio, materiale fotografico, legato ai Balcani e alla ex Jugoslavia in particolare.
Prima di iniziare con il primo post ufficiale, la prima foto a mo' di saluto, la traduzione in bulgaro di un libro fondamentale, scritto da un grandissimo viaggiatore. Il libro non ha bisogno di presentazione, l'autore nemmeno:


E adesso via con il primo post ufficiale: che cos'è la Jugosfera?
A tra poco.